Il vino Falernum ha origini storiche antichissime. Fu lo storico romano Tito Livio, alla fine dell’età repubblicana, tra i primi a parlarne e a delimitarne il territorio – avente forma triangolare –con base sul corso del fiume Savone e vertice la cima del Monte Massico. Furono i Romani che, avvalendosi di alcune tribù , genericamente denominate “tribù Falerine”, ripresero le tradizioni vitivinicole Magno- Greche, Etrusche ed Autoctone Campane, sviluppando un rinomato distretto vinicolo. Furono create Tre tipologie di vino Falerno : CAUCINUM , vino proveniente da vigne in alta collina, FAUSTIANUM , vino proveniente dalle migliori colline sia per esposizione , pendenza dei terreni che per varietà dei suoli, e FALERNUM , vino generico proveniente da terreni pianeggianti.
Per anni il ” Faustianum vinum “,restò la tipologia più pregiata , ricercata e costosa.. ma fu un vero e proprio boom il Falernum, grazie proprio ai Romani che scelsero la Ager Falernus come zona per la villeggiatura modaiola del tempo: fonti storiche ritracciano l’esistenza di possedimenti territoriali dei VIP dell’epoca: politici, personaggi pubblici, scrittori tra cui Orazio e Cicerone, così come oggi personaggi famosi come stilisti, cantanti, registi e attori acquistano casolari o antiche dimore con vigna in zone a indiscussa vocazione vitivinicola (e.g. Sting in Toscana, Gerard Depardieu in Sicilia, Antonio Banderas in Ribera del Duero in Spagna).. I ritrovamenti di anfore nelle prossimità di vari porti del Mediterraneo, in Italia, Egitto, Francia è un indice dell’importanza del ruolo del vinum Falernum nell’economia marittima del Mondo Antico. Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente e in epoca Medioevale, il Falernum perde l’antico prestigio.In questo lungo periodo vari autori , storici , letterati latini hanno parlato del Falerno. Macrobio nei Saturnali ammise che si conservava fino a quarant’anni e che si usava nelle cene di lusso. Petronio nel Satyricon ci ha tramandato che si conserva fino a 100 anni per cui Marziale lo chiamò “immortale” e Plinio addirittura diceva che i medici ne proibivano l’abuso. Orazio, Cicerone e Faustiano lo producevano e ne facevano sfoggio durante le loro cene. Virgilio lo descrive come miglior vino al mondo. Ritroviamo parziale ritorno alla notorietà in pieno Rinascimento (XVI secolo), quando sotto il nome di Fistignano “Fastignano” fu elogiato da Papa Paolo III Farnese.
E’ proprio il prestigio del Fastignano a dar origine al Campantuono dell’Azienda Gennaro Papa. L’Azienda Agricola Gennaro Papa è attualmente condotta da Gennaro e Antonio Papa, si avvale della collaborazione esterna dell’enologo umbro Maurilio Chioccia. La Vigna, ormai di trent’anni, è sita in località Campantuono in zona collinare: nasce dai vigneti storici dunque e rappresenta un’attenta selezione solo di quei vigneti e di una vigna che rappresenta il cru aziendale. E’ un vino autorevole, l’alcol svetta verso i 17 gradi, ma è la sua anima a definirlo, perché è il Falerno che segue di più la tradizione. Il vigneto è collocato nella parte più alta della tenuta di Falciano chiamata appunto “Campo di Antonio”, è completamente piantato a guyot , con una resa in uva che difficilmente supera il chilo per pianta. E’ un vino decisamente importante, delinea di se stesso un profilo altisonante già al primo approccio: il colore è nero, profondo, lasciandolo attraversare dalla poca luce che ne pervade la profondità si riesce ad intuire appena qualche sensazione viola inchiostro. E’ compatto e consistente. Il primo naso è un effluvio di sentori floreali e fruttati maturi che inseguono e sono seguiti costantemente da note eteree, dolci sensazioni speziate e note balsamiche sottili ed eleganti. E’ dapprima succoso di mora e di visciola, profuso di cannella, tracce iodate e sul finale, dolcissimo, si offre con sentori di cioccolato e liquerizia. In bocca è secco, potente, il frutto è quasi masticabile, acidità, tannino e glicerina sono ben legati, fusi ad unisono regalando una beva decisa ma sostenibile, almeno sino al terzo bicchiere. Solo sul finale di bocca la nota alcolica ritorna dirompente, non senza frutto, non senza, quindi, quella fondamentale corrispondenza gusto-olfattiva, leggi piacevolezza, che a vini come questi non deve mai mancare per non risultare stucchevole e stancante. Il risultato è un originalissimo equilibrio, tra meditazione esistenziale e definizione del paesaggio, una meditazione appassionata, magniloquente, che come movimento incessante e ripetuto del mare, poggia sulla costa aspra e rocciosa i segni di una vita, la vite appunto!