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  • Antonio Mazzella Terrazze di Levante Epomeo Rosso IGT

    Piedirosso e aglianico sono le varietà di uve a bacca rossa delle Cantine Antonio Mazzella, crescono ad Ischia, da vigne strappate alla roccia, con il sole e il vento che in certe giornate soffia forte, trasportando salsedine e iodio.

    Vigne particolarmente difficili da gestire per altitudini e pendenze: la natura impervia e rocciosa del territorio rende difficile l’adattabilità della vite, così come è difficile trovare terreno sufficiente per impiantare le viti, visto che l’isola dispone di poche aree senza dislivelli.

    Terrazze di Levante è infatti prodotto da una vigna terrazzata orientata verso Est, dove i primi raggi del sole mattutino accarezzano le uve, definendo poi nel vino personalità e territorialità.

    Una produzione artigianale che ricorda al sorso la bellezza selvaggia di alcuni luoghi del mediterraneo, espressa nelle note scure di mirtillo, lentisco, mora e violetta selvatica, profumi che fanno da sfondo a nuance di aghi di pino, agli oli essenziali e alle fini spezie orientali.

    La natura vulcanica dell’isola è raccontata dalla scia affumicata.

    Terrazze di Levante vede l’impiego dell’85% di piedirosso e del 15% di aglianico. Dopo la vinificazione rimane in acciaio per 12 mesi, per poi maturare in botti di rovere francese per altri 10 mesi.

    Al sorso palesa equilibrio, sapidità e profondità, mentre il tannino ben integrato e la lunga persistenza sostenuta dalla freschezza lo marcano per piacevolezza.

  • O Per’e Palummo

    Il vino amato da Plinio il Vecchio

    La storia del piedirosso, detto anche per ‘e palummo per via del graspo a zampetta di piccione (palummo), è davvero singolare: nel giro di pochi anni è passato dall’essere il simbolo di vino da dimenticare, acetoso al naso e tenuto in piedi solo dall’acidità, a nuovo modello di rosso da inseguire e c’è perfino chi lo paragona al pinot nero.


    I primi coloni greci compresero le enormi potenzialità dei terreni attorno al Vesuvio, resi fertili dalle perfette condizioni climatiche e dalla composizione prettamente vulcanica del suolo. Da allora la coltivazione della vite è stata punto fermo e trainante dell’economia campana, sopravvivendo e portando ricchezza nei secoli a tutti i popoli che vi hanno abitato. Gli imperatori e gli alti ranghi romani avevano una predilezione per i vini campani, come attestano diversi autori e numerosi ritrovamenti archeologici. C’è un volume, vecchio di duemila anni, che più di altri ci aiuta a fare luce sulla storia dell’Italia, dei suoi territori e dell’oro liquido che l’ha portata ai vertici del mondo: è il Naturalis Historia di Plinio il Vecchio, storico romano vissuto nel primo secolo dell’Era imperiale e morto durante l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. A lui si deve una efficace descrizione dell’uva Palombina Nera e della simile Colombina, che oggi vengono considerate come antenate, o addirittura la stessa, del Piedirosso. Omologa citazione della Palombina risale poi a degli scritti del Cinquecento di Herrera – Sederini, secondo il Carlucci. L’uso del Piedirosso si consolida comunque tra Ottocento e Novecento, grazie alla sua ottima resistenza alle malattie delle viti, che riesce a sopperire alla crisi produttiva di fine XIX secolo.


    ll suo territorio di elezione, benchè diffuso in tutta la Campania, è la provincia di Napoli dove risulta il vitigno più piantato e dove raggiunge le massime espressioni qualitative . Resta infatti insostituibile nelle Doc Campi Flegrei, Ischia (Rosso e Per’ e Palummo), Capri, Lacryma Christi del Vesuvio e Penisola Sorrentina Rosso. Lo possiamo chiamare “vino vulcanico” perché lo si produce alle pendici del Vesuvio e dei Campi Flegrei, quei territori dalla storia geologica ed eruttiva particolarmente forte e dinamica. Grandi nutrimenti, quelli dei terreni vulcanici, che si espandono in una delle regioni più scenografiche d’Italia, restituendo un vino eccellente, proprio come i territori dai quali nascono le sue uve; in queste zone matura abbastanza presto, tra la fine di settembre e la metà di ottobre. La produzione dei vini da bacca Piedirosso richiede, spesso, l’impiego in purezza di questo vino, come accade per il Piedirosso Pompeiano IGT, che lo impiega al 100% del suo valore. Nel Campi Flegrei si impiega tra il 90% e il 100%, percentuali che scendono al 40-60% nel Costa d’Amalfi Rosso, dove si impiegano anche Aglianico e Schioppettino. Il Piedirosso è complicato in vigna come in cantina, si è sempre al limite tra l’odore cattivo e le sensazioni olfattive accattivanti di geranio e frutta rossa. Richiede attenzione e molta competenza. E’ un vino che si presta molto bene all’invecchiamento ma non disdegna note piacevoli fresche e profumate di ciliegia nei vini giovani, anche rosati: vini ricchi di corpo e di tannini, dalla caratteristica nota floreale di violetta e di erbe aromatiche. Generalmente fornisce vini con un bel colore rubino. La gamma olfattiva varia dai frutti rossi come prugne e ciliege dei vini giovani fino alle sfumature terziarie degli invecchiati, con note di caffè, tabacco e speziature.


    ABBINAMENTO CIBO-VINO

    Il Piedirosso si presta a momenti importanti: è un rosso che chiede e dà attenzioni, ottimo in un abbinamento cibo-vino di rilievo. Il Piedirosso Pompeiano, ad esempio, presta il fianco ad essere servito insieme al filetto alla Wellington, un nobile pezzo di carne avvolto in crema di funghi e protetto da uno scrigno di pasta sfoglia. Dà il meglio di sé con le carni, preferibilmente rosse: una Fiorentina, una braciata con gli amici o anche una bistecca impreziosita da qualche fiocco di sale Maldon, rigorosamente cotta al sangue. Ottimo in ogni caso anche con la selvaggina, con carni di maiale e con dei formaggi ampiamente stagionati, magari un provolone del Monaco. Il Piedirosso è un degno rappresentante in rosso anche a tavola, superbo accompagnamento della cucina campana di terra, quella più vera e antica, come carne di maiale, salsicce alla brace o al sugo, salumi e formaggi stagionati, piuttosto che arrosti e rollè di vitello.


    CANTINE ANTONIO MAZZELLA, Ischia (NA)
    Unendo slancio tecnico e valori tradizionali Nicola Mazzella, aiutato dalla sorella Vera, ha effettuato in cantina una profonda rivoluzione generazionale. Nel versante sud dell’isola è doveroso parlare di viticoltura eroica: piccoli lembi di terra, strettissimi terrazzamenti, pendenze da capogiro, nessun muretto a secco, con l’inerbimento a contenere il dilavamento. E’ qui che nasce Il Terrazze di Levante, prodotto con Piedirosso e piccola aggiunta di Aglianico. Il suo nome lo si deve all’esposizione verso levante dove i primi raggi del sole mattutino maturano i generosi grappoli. Ben calibrato e armonico induce ad una beva piacevole e incalzante.

    https://www.winezz.it/prodotto/antonio-mazzella-terrazze-di-levante-epomeo-rosso-igt/
  • Dal mare alla vigna e dalla vigna al mare… “Vigna di Lume” un grande vino che sa di mare

    Un vino che sa si mare e tradizione, di colline e grotte di tufo. Un bianco che ricorda le sue origini, tra i vigneti eroici del Mediterraneo, quelli abbarbicati sui territori più impervi dell’isola d’Ischia, che raggiungono per la spremitura antiche cantine scavate nella roccia per poi giungere, rigorosamente via mare, a bordo di barchette in legno, nelle cantine collinari della più grande delle isole dell’arcipelago flegreo, la cantina di Campagnano, passando dal borgo di Ischia Ponte. Il prodotto realizzato sull’isola d’Ischia è stato valutato dalla giuria internazionale con un punteggio di 96 su 100 come migliore vino bianco della penisola.

    Prodotto con sole uve di tipo Biancolella deve il suo singolare nome a un particolare costone di roccia che domina la vigna dove si produce il pregevole nettare di Bacco e che ha suggerito agli occhi di chi è impegnato nella cura delle vigne e alle lunghe sessioni di vendemmia, la forma di antiche torce e lumi: ” O Lummo.” Ormai non esiste più, purtroppo un’azienda romana, costruttrice di mattoni, lo polverizzò definitivamente nell’immediato dopoguerra, facendolo esplodere. Buttato giù solo perché dava fastidio. Uno dei tanti scempi perpetrati su quest’isola meravigliosa. 

    Sono proprio questi costoni impervi e alcuni con pendenze del 50% rivolti sul mare cristallino che circonda l’isola, che si raccolgono le uve raccolte da Antonio, patriarca di una famiglia che si occupa di vinificazione da secoli.

    Vigna del Lume presenta un piacevole colore giallo paglierino. Il suo profumo richiama da subito tutte le sfumature che il sole e la terra vulcanica donano, note di frutta quasi matura di banana e pera, con sfumature floreali, in aggiunta a talco, burro e mandorla amara. Al palato è fresco, leggermente sapito ed elegantemente delicato, in grado di trasmettere tutta l’energia del sole e della terra dei suoi vigneti: il vino “dal sapore antico”, con i suoi sentori mediterranei di salvia e finocchietto, di ginestra e di frutta matura di albicocca e pesca. A ricordo del territorio e della ricca vegetazione circostante sono le sfumature minerali, lunghe e persistenti, che si abbracciano ai cenni mandorlati tipici del vitigno, a note agrumate e tropicali. Una grande struttura, un sapore pieno e corposo, dal giusto equilibrio in acidità che lascia in bocca gradevolissimi ricordi salmastri.

    Personalmente lo berrei intorno ai 10°C, in un calice di media ampiezza, sfruttando l’acidità, la sapidità e la lunghezza aromatica per bilanciare un piatto di Gamberi o un buon piatto di spaghetti alle vongole esaltando così al meglio le sue qualità.

    Nelle due ultime edizioni di Vinitaly 2018 / 2019, a Verona, è stato riconosciuto come il miglior vino bianco d’Italia dell’anno.

    Antonio Mazzella Ischia Bianco “Vigna del Lume” Biancolella DOC 2019